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Studio Consulenza Legale & del Lavoro - SLTL Avvocati in Venezia

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In breve

Nel regime ordinario delle locazioni urbane fissato dalla legge n. 392 del 1978, la disciplina di cui all'art. 55, relativa alla concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti e per la sanatoria del relativo inadempomento non opera in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo.

 

 
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8 cose da conoscere se non ti pagano la retribuzione a fine mese PDF Stampa E-mail

8 COSE CHE DEVI CONOSCERE SE NON TI PAGANO LA RETRIBUZIONE A FINE MESE

 


 

Avvocato Alberto Vigani
Alberto Vigani
La crisi non finisce mai. La conseguenza è che anche le imprese sono senza risorse e spesso non saldano la busta paga.

In questi frangenti il lavoratore dipendente deve pensare a fare le proprie scelte ricordandosi che, se non decide di tutelarsi, ha già deciso di rinunciare a parte dei propri diritti. Quantomeno in riferimento al tempo in cui può godere di ciò che gli spetta.

Per tutti coloro che non accettano di chinare il capo e vogliono dare tutela al proprio rapporto di lavoro, ed ai diritti che ne scaturiscono, è importante sapere come non commettere errori e come avvalersi degli strumenti predisposti dal legislatore sia in fase extra processuale che in sede giudiziale.

Qui di seguito ho riepilogato le 3 cose da non fare MAI e le 5 cose da non rinviare quando un dipendente vuole recuperare le proprie retribuzioni.

Ecco le 3 cose da NON FARE MAI:

 1. MAI quietanzare la busta paga

Per rinunciare ai propri diritti senza saperlo è importante che il lavoratore non firmi “per quietanza” il cedolino paga se, nello stesso momento, non riceve il saldo della retribuzione.

Pertanto, qualora la busta venga pagata solo in acconto o venga detto che seguirà bonifico o pagamento in un secondo momento, è necessario non sottoscrivere il cedolino sotto alla dicitura “per ricevuta e quietanza”.

Se invece bel cedolino è presente solo la dicitura “per ricevuta” si può apporre la propria firma.

Qualora il datore di lavoro, o i suoi incaricati, insistano per far apporre una firma, negando altrimento la consegna della busta paga, è sempre opportuno aggiungere di proprio pugno, in calce allo stesso, la dicitura “per ricevuta del solo cedolino”.

Se invece si firmasse per quietanza pur non avendo ricevuto i soldi, si avrebbe lo spiacevole effetto di rinunciare ai propri diritti: la sottoscrizione varrebbe come riconoscimento di aver ricevuto il pagamento e per dimostrare il contrario servirebbe una causa ordinaria dall’esito pur incerto.

 

2. MAI far decorrere la prescrizione  

Il diritto alla retribuzione si prescrive nel termine di 5 anni dalla fine del rapporto di lavoro; durante il rapporto, la prescrizione resta sospesa: si vuole evitare che il lavoratore, generalmente in una condizione di inferiorità rispetto al suo datore di lavoro, possa essere psicologicamente pressato dal timore di subire ritorsioni quando agisce per tutelare i propri interessi.

Per questa ragione, salvo che per il caso del lavratore dirigente, che ha una prescrizione più breve,  non vi è motivo di angustiarsi  per la possibile estinzione dei propri crediti. Se però non si è intenzionati ad avviare immediatamente un’azione per il recupero delle proprie spettanze, è opportuno inviare una lettera di messa in mora (anche a mezzo PEC), come quella spiegata qui sopra, precisando che viene spedita anche al fine di interrompere la decorrente prescrizione.

 

3. MAI rinviare la messa in mora pensando che serva un aiuto esterno

Non serve aspettare l’aiuto di sindacati, commercialisti o avvocati per sollecitare il datore di lavoro in ritardo con il pagamento del cedolino.

Basta farlo SUBITO da soli usando, con tono cortese, la PEC aziendale (che tutti hanno per legge: vedi qui http://www.inipec.gov.it/). E’ sufficiente invitare il datore a versare il dovuto magari indicandogli le proprie coordinate bancarie.

Il sollecito potrà essere spedito anche a partire dal quindicesimo giorno dopo la scadenza del consueto termine di pagamento (ad es. il 25 del mese se il versamento avviene di solito il 10) e varrà per documentare la mora del debitore. L’invio del sollecito non è però necessario se vi  se si intende partire a breve con iniziative giudiziali e se è già decorso un periodo di tempo superiore al mese.

Ecco le 5 cose da NON RINVIARE:

4. Valutare l’avvio del tentativo di conciliazione

In caso di insoluti della retribuzione è opportuno chiedere quanto prima l’intervento della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL).

La scelta non è obbligatoria ma è comunque gratuita e consente di ottenere l’esperimento di un tentativo di conciliazione presso la relativa commissione.

Lo può attivare il medesimo lavoratore senza l’aiuto di soggetti esterni (non serve il sindacato) inviando all’ufficio della DTL una istanza (anche a mezzo PEC) di convocazione della Commissione di conciliazione: si può trovare on line alcuni esempi di lettera di convocazione da utilizzare per la richiesta.

La DTL comunica poi al dipendente ed al datore di lavoro  la data dell’incontro ove, se entrambe le parti si presentano (è facoltativo), viene cercato un accordo con l’aiuto della commissione.

Se la situazione datoriale è critica il percorso può essere inefficace perchè non è obbligatorio presentarsi o raggiungere un punto di incontro fra le diverse posizioni.

Qualora si pervenga ad una conciliazione, il verbale della commissione che ne da atto vale quale titolo esecutivo contro il datore di lavoro: se non venisse rispettato quanto ivi pattuito (ad esempio i termini della rateazione delle retribuzioni) potrà avvalersene per usarlo in sede esecutiva con la stessa efficacia di una sentenza definitiva.

 

5. Valutare la richiesta di intervento degli ispettori

Qualora si intenda avviare un percorso più aggressivo verso il datore si può chiedere l’intervento  della conciliazione monocratica: una specie di conciliazione come quella precdente che ha come alternativa al mancato adempimento datoriale l’intervento degli ispettori del laavoro in verifica presso la ditta.  L’eventuale ispezione vedrà accertare le contestate violazioni delle prescrizioni giuslavoristiche e previdenziali da parte del datpre di lavoro, con ogni conseguenza di legge.

L’utilità di tale strumento è pari a quello dell’interesse del datore a non farsi sottopporre ad ispezione. I tempi di intervento si aggirano sulle 3 / 5  settimane per la convocazione della commissione ai 6/12 mesi per l’eventuale ispezione. Gli effetti possono essere quindi ben poco immediati e comunque controproducenti: il datore di lavoro che, non volendo o non potendo conciliare con il lavoratore, subisse l’ispezione potrebbe essere travolto dagli esiti sanzionatori della stessa, con pregiudizio per le stesse sorti economiche del dipendente.  

 

6. Far depositare quanto prima il ricorso per decreto ingiuntivo

Nei casi in cui le attività descritti sopra non abbiano dato risultati, o qualora non ci siano i tempi minimi necessari per provarle, si può e si deve avviare il percorso giudiziale.  Ovvero fare causa al datore di lavoro.

Innanzitutto si deve sempre ricordare che attendere di decidere di darsi tutela  è  decidere di NON tutelarsi: ciò equivale ad accettare che si possa chiedere giustizia quando ogni  attività sarà oramai tardiva. Chi chiede tardi non otterrà MAI.

Per questo è importante poter usare lo strumento più accelerato che è stato messo a disposizione del dipendente dal legislatore, ovvero il decreto ingiuntivo.  provvisoriamente esecutivo. Infatti,  lavoratore che abbia una prova scritta del proprio credito (ad  esempio il cedolino paga) e non abbia fornito al datore una prova opposta (ad esempio la quietanza delle somme indicate nel medesimo cedolino) può ottenere  l’emissione di un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo depositando apposito ricorso per il tramite di un avvocato.

Si tratta di un procedimento  speciale che  entro  una ventina  di giorni  dal deposito del ricorso ,  saltando la convocazione del datore di lavoro avanti  il giudice , consente di ottenere  un ordine di pagamento immediato  nei confronti del datore di lavoro.

 L’ingiunzione di pagamento emessa dal giudice darà poi al datore un termine, usualmente di 40 giorni dalla notifica del  decreto, per  decidere se fare opposizione  avanti il medesimo giudice o lasciare divenire definitivo l’ordine medesimo. In ogni caso l’obbligo di pagare quanto  ordinato dal Giudice è esecutivo da subito e non può essere dilazionato, pena l’avvio di un pignoramento che può avvenire sui beni del datore o persino sui  suoi conti correnti presso le banche con le quali opera. Per saperne di più vedi qui: http://www.slideshare.net/Shapur/manuale-guida-breve-recupero-crediti-con-decreto-ingiuntivo

Nel caso in cui parte datoriale volesse opporsi, dovrà iniziare un giudizio ordinario che non  prevede l’automatica sospensione del dovere di pagare, al quale si potrà sottrarre  solo se porterà avanti il Giudice dei gravi motivi fondati su prova scritta che giustifichino tale scelta. Qualora il dipendente abbia però già provveduto ad ipotecare beni datoriali, l’eventuale sospensione non farà meno il diritto alla garanzia ipotecaria.

 

7. Quando non ti pagano puoi avere l’indennità di disoccupazione con le dimissioni per giusta causa

Qualora il lavoratore non venga pagato ha diritto di dimettersi per giusta causa in qualsiasi momento, senza dare il preavviso. Le dimissioni causate dall’insoluto retributivo danno accesso al trattamento di disoccupazione con il versamento della correlata indennità da parte dell’INPS.

Il dipendente deve però specificare nella lettera di dimissioni la “giusta causa” precisando il mancato pagamento della busta paga.

Per evitare contestazioni, l’insoluto deve ammontare a più di 2 mensilità  di retribuzione (o equivalenti omissioni contributive).

Per saperne di più vedi qui: http://www.slideshare.net/Shapur/guida-breve-alle-dimissioni-per-giusta-causa-con-il-gratuito-patrocinio

 

8. Se comunque non si ottiene il pagamento si può chiedere il fallimento del datore di lavoro

Sempre più spesso accade che il datore di lavoro, nonostante abbia ricevuto il decreto ingiuntivo o la visita degli ispettori che gli hanno contestato le  violazioni riscontrate in sede di verifica,  non sia in grado o non abbia alcuna volontà di  pagare le retribuzioni insolute.

In questi frangenti, ed anche quando non pare che vi siano i tempi utili ad avviare una procedura conciliativa o depositare un decreto ingiuntivo prima che il datore di lavoro   diventi completamente insolvente, il dipendente può depositare apposita istanza di fallimento chiedendo che il Tribunale dichiari lo stato di insolvenza ed avvi una procedura  fallimentare a carico della parte datoriale. Tale richiesta resta nella disponibilità del dipendente e può essere ritirata se il datore provvede a saldare quanto a debito.

In ogni caso, questo è però un percorso molto aggressivo che può uscire dal controllo del dipendente se altri creditori si accodano e non consentono più di ritirare l’istanza di fallimento.

Qualora il tribunale dichiarasse il fallimento per il dipendente le cose tuttavia non migliorano immediatamente perchè dovrà aspettare la liquidazione del passivo fallimentare, dopo esserne stato ammesso a seguito di apposita domanda, e potrà chiedere  il sostegno del Fondo di Garanzia del’INPS solo per gli ultimi tre stipendi e il TFR (ma anche per tale pagamento sarà necessario attendere diversi mesi); .

Il residuo credito dovrà comunque vedersi soddisfatto anni dopo  la dichiarazione di fallimento nei limiti delle disponibilità della procedura fallimentare.

Per saperne di più vedi qui: http://www.slideshare.net/Shapur/manuale-guida-breverecuperocreditilavoro12

 

Avv. Alberto Vigani

Per ogni approfondimento puoi anche contattarci ai seguenti recapiti telefonici: tel. +39 0421.232172 o+39  0421.232181; o seguici su Facebook. Ricorda che siamo operativi in tutto il Veneto ed il Friuli occidentale.

 www.avvocati.venezia.it

 

Il datore di lavoro non ti paga?

Sei un dipendente (o ex dipendente) e aspetti da troppo tempo il saldo di buste paga dei mesi (anni) scorsi?

Forse è il caso di agire per il recupero del credito e, se del caso, anche di presentare istanza di fallimento.

L'esperienza di questo studio ci insegna che il tetto delle morosità datoriali diventa cronico con il superamento del 6/7 mensilità. A quel punto, non davvero più il caso di aspettare.

 

Ecco un esempio:

 

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI TREVISO

SEZIONE FALLIMENTARE

Ricorso per declaratoria di fallimento

nei confronti di PST S.r.l.

 

I signori Rossi Paola (_____________), nata a Oderzo (Tv) il 13.02.1981 e residente a Casale di Treviso (Tv), Via del Donatore n. 58 e Verdi Paolo (________________), nato a Conegliano (Tv) il 03.02.1974 e residente in via Monte Tomba n. 1 a Zenson (Tv), rappresentati e difesi dall’Avv.to Alberto A. Vigani, del Foro di Venezia, (VGNLRT67T16H823F), giusta mandato in calce al presente atto con domicilio eletto presso lo studio in Eraclea (Ve), via Fausta n. 52, e indica ai fini delle comunicazioni e notifiche ai sensi dell'art. 176 c.p.c. telefax 0421/232444, indirizzo e-mail Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo , indirizzo di posta elettronica Pec Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

PREMESSO

- che i signori Rossi Paola e Verdi Paolo erano assunti con contratto a tempo indeterminato presso la società PST S.r.l..

- che la signora Rossi Paola era assunta in data 14.10.2014, in qualità di impiegata 3^ livello ed il rapporto di lavoro cessava in data 19.07.2016 per dimissioni per giusta causa, ovvero per mancato pagamento delle retribuzioni (doc.01);

- che il signor Paolo Verdi era assunto in data 06.11.2012, in qualità di operaio 4 livello s, con mansione di autista ed il rapporto di lavoro cessava in data 02.10.2016 con licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte della datrice di lavoro (doc.02);

- che PST S.r.l., ometteva di versare alla signora Rossi Paola le mensilità di novembre 2014 (parziale), dicembre 2014 (parziale), giugno 2015 (parziale), ottobre 2015 (parziale), novembre 2015 (paziale) e tredicesima mensilità 2015 (paziale) per un importo di €. 2.572,00;

- che la signora Rossi per il tramite dello scrivente patrocinio proponeva ricorso per decreto ingiuntivo avanti il Tribunale del Lavoro di Treviso n. 484/2016, R.G. 1246/2016 (doc.03);

- che detto decreto veniva ritualmente notificato a mezzo Pec in data 29.07.2016 alla datrice di lavoro e divenuto successivamente definitivo, veniva munito di formula esecutiva in data 04.10.2016;

- che a fronte del decreto ingiuntivo il Giudice del Tribunale del Lavoro di Treviso, Dott. Filippo Giordan, liquidava spese legali "quanto alle competenze, in €. 450,00, oltre al rimborso forfetario del 15%, IVA e c.p.a.; quanto alle anticipazioni, in €. 49,00", per un totale complessivo di €. 705,60;

- che oltre alle mensilità di cui al decreto ingiuntivo sopradescritto, la signora Rossi maturava crediti anche per le mensilità di maggio 2016, giugno 2016, quattordicesima mensilità 2016 (doc.04-05-06) e luglio 2016;

- che alla signora Rossi non veniva consegnato il cedolino paga di luglio 2016;

- che oltre alle retribuzioni sopradescritte PST S.r.l. ometteva di versare in favore della signora Rossi le quote di contribuzione da destinarsi a fondo di previdenza complementare (pari al 100% del Trattamento di Fine Rapporto maturato) sin dalla data di assunzione e fino alla cessazione del rapporto di lavoro per un importo come risultante dall'ultimo cedolino consegnato di giugno 2016 essere pari ad €. 2.329,78 (cfr doc.05);

***

- che PST S.r.l., ometteva di versare al signor Verdi Paolo la mensilità di luglio 2016 (parziale), agosto 2016, settembre 2016, ottobre 2016 (doc.07);

- che al signor Verdi non venivano consegnati i cedolini paga di agosto 2016, settembre 2016 e ottobre 2016;

- che PST S.r.l. ha omesso di versare al signor Verdi anche le quote di contribuzione da destinarsi a fondo di previdenza complementare (pari al 100% del Trattamento di Fine Rapporto maturato) a partire dal quarto trimestre 2015 e fino alla cessazione del rapporto di lavoro (doc.08);

- che l'importo complessivamente dovuto dalla datrice di lavoro ai suddetti dipendenti ammonta ad oltre €. 13.617,42, come di seguito meglio suddiviso e specificato:

Per il signor Verdi Paolo:

- mensilità di luglio 2016 €. 2.299,00 a dedurre acconto per €. 1.200,00, da avere €. 1.099,00;

- mensilità di agosto 2016 c.a. €. 1.120,00 (stimata sulla base di mensilità precedenti attesa la mancata consegna del cedolino);

- mensilità di settembre 2016 c.a. €. 1.120,00 (stimata sulla base di mensilità precedenti attesa la mancata consegna del cedolino);

- contribuzioni destinate a fondo di previdenza complementare "Previlog" trattenute e non versate per €. 1.179,04 oltre alle quote di agosto 2016, settembre 2016 e ottobre 2016 non rilevabili per mancanza dei cedolini;

TOTALE DOVUTO AL SIG. Verdi €. 4.518,04 AL QUALE ANDRA' AGGIUNTO QUANTO AD OGGI NON ANCORA QUANTIFICABILE.

Per la signora Rossi Paola:

- mensilità di novembre 2014 (parziale), dicembre 2014 (parziale), giugno 2015 (parziale), ottobre 2015 (parziale), novembre 2015 (paziale), tredicesima mensilità 2015 (parziale) come da decreto ingiuntivo €. 2.572,00;

- Spese liquidate in decreto ingiuntivo n. 484/16 - R.G. 1246/2016 €. 705,60;

- mensilità di maggio 2016 €. 1.389,00;

- mensilità di giugno 2016 €. 1.378,00;

- quattordicesima mensilità 2016 €. 725,00;

- contribuzioni destinate a fondo di previdenza complementare trattenute e non versate per €. 2.329,78 oltre alla quota di luglio 2016 non rilevabile per mancanza del cedolino;

TOTALE DOVUTO ALLA SIG.RA Rossi €. 9.099,38 AL QUALE ANDRA' AGGIUNTO QUANTO AD OGGI NON ANCORA QUANTIFICABILE.

- che la società debitrice risulta non aver depositato il bilancio relativo all'anno 2015 presso la Camera di Commercio, ciò avvalora lo stato di insolvenza della società PST S.r.l. (cfr. doc.09 pag.1);

- che risulta così acclarato lo stato di crisi della società PST S.r.l. e ciò è anche confermato per la conosciuta esposizione debitoria verso altri creditori.

Tutto questo premesso, il sottoscritto procuratore, nelle vesti di ut supra, propone formale

RICORSO

affichè venga dichiarato il fallimento della società PST S.r.l., (doc.09) con sede in Via San Antonino n. 202/2, 31100 Treviso (Tv), (p.i. 04541700268), previa acquisizione della documentazione attestante la sussistenza delle condizioni di fallibilità ed in particolare il superamento dei limiti dimensionali dell'impresa e del limite generale dell'ammontare dei debiti.

In via istruttoria si chiede quindi che l'ill.mo Giudice adito Voglia:

  • acquisire da Equitalia la situazione debitoria dell'impresa nei confronti di istituti di credito e Agenzia delle entrate;

  • acquisire dalla cancelleria Esecuzioni mobiliari i procedimenti esecutivi pendenti;

  • ordinare a PST S.r.l., l'esibizione degli ultimi tre bilanci.

Si offre inoltre in comunicazione documentazione attestante lo stato di insolvenza:

  1. Lettera di dimissioni per giusta causa Rossi Paola;

  2. lettera di licenziamento per giustificato motivo oggettivo Verdi Paolo;

  3. ricorso per decreto ingiuntivo Rossi;

  4. cedolino paga maggio 2016 Rossi;

  5. cedolino paga giugno 2016 Rossi;

  6. cedolino paga quattordicesima mensilità 2016 Rossi;

  7. cedolino paga luglio 2016 Verdi;

  8. estratto previdenza complementare Previlog Verdi;

  9. copia visura storica.

Ai fini della dichiarazione di cui alla normativa sulle spese di giustizia si precisa che per il contributo unificato dovuto per il presente procedimento ammonta ad €. 98,00.

Con osservanza.

Eraclea, li 3 ottobre 2017

Avv. Alberto A. Vigani

 ***

 

Per saperne di più vedi qui: http://www.slideshare.net/Shapur/manuale-guida-breverecuperocreditilavoro12 o cliccando il link qui sotto. Usa quindi questo manuale come una roadmap per orientarti e porre in essere fin dall'inizio le scelte giuste evitando perdite di tempo ed errori che possono pregiudicare il buon esito della Tua vicenda.

Avv. Alberto Vigani

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